⚠️⚠️⚠️ ATTENZIONE CONTIENE SPOILER
(Per chi non conosce l’opera teatrale di Oscar Wilde)
Salomè e la danza dei sette veli.
Sette, come “le dee dentro la donna”.
Salomè, il lato oscuro delle sette dee.
E si parte a bomba, con LA domanda:
Si può amare, ma io direi bramare visceralmente, qualcuno fino al punto da vendicare un suo rifiuto con la morte?
Salomè, giovane donna dal grande potere e fascino ammaliante, si innamora dell’unico uomo che non vuole neanche posare gli occhi su di lei, dell’uomo devoto a Dio.
Lei, guardata sempre, guardata anche troppo, perfino da Erode, marito di sua madre, riceve il primo rifiuto della sua breve e giovane esistenza.
Si apre così la danza della tragedia.
Disse Wilde a un musicista del Grand Cafè:
«sto scrivendo un dramma su una donna che danza a piedi nudi nel sangue di un uomo che ha desiderato e ucciso».
Astuta calcolatrice, rivolge il suo potere verso il debole Erode.
«Danza per me, Salomè», la supplica Erode, «danza per me», come un lamento che continua a echeggiare nella grande sala, fino a prometterle che qualsiasi desiderio lei avrà, le sarà concesso.
Erode, l’eclissi della consapevolezza che oscura la coscienza, lasciando spazio solo al cieco istinto.
Promette senza riflettere, assetato di desiderio. Erode, la parte di noi impulsiva che agisce fulminea.
Salomè, altrettanto coinvolta in un desiderio viscerale ma non assetata come l’arsura del deserto, è invece affamata e, da donna divoratrice mantiene uno spazio, sempre di visione limitata, ma freddo e calcolatore, unicamente diretto verso il proprio obiettivo.
Salomè danza, la danza dei sette veli.
Si spoglia delle sette virtù.
L’autore non fornisce alcuna indicazione, niente sulla danza, niente sull’abbigliamento. Il momento culmine dell’opera, ha dunque una riga soltanto.
Inventiva pura e totale per chi andrà a rappresentarlo e portarlo in scena, come la Salomè senza freni, inibizioni, senza limiti che sfodera la sua arma liberandone tutto il potenziale, un concentrato di energia, la nostra energia ancestrale, diretta esclusivamente verso un unico scopo: ottenere il suo desiderio folle, la promessa che Erode dovrà mantenere.
Danza per lui, totalmente, completamente.
Ma nel momento in cui Erode riceve la macabra richiesta e vede i frutti della sua impulsività, si pente e il suo sangue gela per l’orrore.
Non sa come porre rimedio sentendo reclamare la testa del profeta su un piatto d’argento, il profeta che egli temeva e al contempo stimava.
Non si può essere cattivi a metà. La fanciulla reclama insistentemente il suo compenso come una induzione ipnotica:
«dammi la testa di Iokanaan. Tu hai giurato.»
Tenta, debolmente, ma stremato, non può tornare indietro, esattamente come noi, inermi, non abbiamo possibilità di riavvolgere il tempo a seguito delle nostre “frittate” fatte per sventatezza.
Si arrende ed esaudisce quell’unico desiderio dell’immatura, annoiata, testarda, caparbia e viziata fanciulla, incapace di resistere nè di farle cambiare idea promettendo altri grandiosi doni. Salomè ottiene la testa di Giovanni il battista a cui confessa il proprio ed escludivo amore. L’amore immaturo, che coglie il fiore per il capriccio di possedere.
Ma gli sbagli si pagano anche a caro prezzo, e per Salomè sarà l’ultima danza. Erode infine ordina di ucciderla.
In un processo alchemico mancato, rinneghiamo così il nostro lato oscuro, soffochiamo le nostre ombre a seguito di un breve, freddo, raggio di luna che ce le mostra fugacemente, perchè troppo spaventose ai nostri occhi per sostenerle, perchè la via più facile è voltare loro le spalle e fuggirne.
Così tutto il nostro vissuto non elaborato finisce lì, nella zona oscura. La nostra Salomè spietata e vendicativa, fredda, bianca pallida come la luna, ma altresì seduttiva e ammaliatrice.
Riflessioni consapevolizzare nella fase piena dell’eclissi di sole, una sorta di nigredo, per svolgere il processo alchemico.
Siamo stati tutti un Erode incosciente, un Iokanaan innalzato a divinità per poi essere decapitato nel momento in cui non abbiamo soddisfatto le illusioni altrui, e questo è semplice da ammettere… ma siamo stati anche Salomè, feriti nell’ego e tremendi nella vendetta.