Le tradizioni più sacre e antiche ci ricordano che la bellezza permea tutte le cose, a prescindere dal modo in cui le interpretiamo nella vita quotidiana.
Viene descritta la bellezza come un’esperienza, capace di influenzare anche il cuore, la mente, l’animo umano.
Viviamo in un mondo fatto di esperienze che mettono alla prova la nostra sensibilità. Come provare emozioni collegate ad un senso di pace e guarigione mentre siamo testimoni di guerre e genocidi e di fronte all’odio basato sulla diversità che si manifesta nelle nostre stesse comunità?
Col linguaggio del loro tempo, le antiche tradizioni ci hanno tramandato istruzioni precise: ci ricordano che la vita non è altro che uno specchio della nostra evoluzione interiore.
La chiave per sperimentare la vita in quanto bellezza o dolore sta soltanto nella nostra capacità di impersonare queste qualità in ogni momento della giornata.
Racconta Gregg Braden:
Qualunque incertezza potessi ancora avere sul funzionamento di questo principio, si è dissolta un giorno all’inizio degli anni ’90.
Il deserto del Nuovo Messico settentrionale stava subendo un lungo periodo di siccità, quando il mio amico David (uso uno pseudonimo), nativo americano, mi invitò a recarmi con lui presso un’antica ruota di medicina per “pregare la pioggia”.
[…]
Mi unii a lui per una camminata attraverso una valle dove i cespugli di salvia si estendevano a vista d’occhio su una superficie di centomila acri. Dopo aver camminato per un paio d’ore, il nostro itinerario ci condusse in un sito che David aveva già visitato parecchie volte e che conosceva molto bene.
Si trattava di un cerchio di pietre sistemante sul terreno secondo figure geometriche perfette a forma di linee e di frecce, la cui disposizione era rimasta identica a quella datagli dal suo costruttore originario molto tempo fa.
“Che cos’è questo luogo?” gli chiesi.
“Questo è il motivo per cui siamo venuti qui”, mi disse David ridendo.
“Questo cerchio di pietre è una ruota di medicina che giace qui da sempre, per quanto ne sappia la mia gente”.Continuò a spiegare dicendo:
“La ruota, di per sé, non ha poteri. Serve piuttosto a chi fa l’invocazione, come punto di focalizzazione della preghiera.
Potresti concepirla come una specie di carta stradale – una mappa per mettere in contatto gli esseri umani con le forze di questo mondo”.Anticipando la mia domanda successiva, David mi spiegò che il linguaggio di quella mappa gli era stato insegnato fin dai tempi in cui era ragazzino.
“Oggi”, disse, “io viaggerò lungo un antico sentiero che conduce ad altri mondi.
Da lì io farò ciò che siamo venuti a fare qui.
Oggi, noi, preghiamo la pioggia”.Lo osservai attentamente togliersi le scarpe ed entrare con delicatezza a piedi nudi all’interno del cerchio, da dove salutò le quattro direzioni e i suoi antenati.
Lentamente, poi, dispose le mani davanti al viso in posizione di preghiera, chiuse gli occhi e divenne immobile.Insensibile al sole infuocato di mezzogiorno nel deserto, il suo respiro rallentò, fino a diventare quasi impercettibile.
Dopo pochi minuti soltanto, David fece un respiro profondo, aprì gli occhi per guardarmi e disse:
“Andiamo. Il nostro lavoro qui è finito”.Mi aspettavo di vedere delle danze, o almeno di udire delle litanie e fui sorpreso della velocità con cui la preghiera era cominciata e si era be presto conclusa.
“Hai già finito?” gli chiesi. “Credevo che avresti pregato per la pioggia!”.
La risposta di David a quella domanda conteneva la chiave che in seguito avrebbe permesso a molte persone di comprendere quel tipo di preghiera.
Mentre se ne stava seduto a terra ad allacciarsi le scarpe, David mi lanciò uno sguardo e sorrise.“No” rispose “ho detto che avrei pregato la pioggia. Se avessi pregato per la pioggia, non potrebbe accadere nulla”.
Più tardi, quello stesso giorno, David mi precisò il significato della sua affermazione.
Iniziò raccontandomi come gli anziani del villaggio gli avessero rivelato i segreti della preghiera quando era ancora bambino.
La chiave di tutto, disse, è che quando chiediamo affinché qualcosa succeda, diamo potere a ciò che non abbiamo.
Le preghiere per la guarigione danno potere alla malattia. Le preghiere per la pioggia danno potere alla siccità.Poi concluse: “Continuare a chiedere in quel modo dà solo più potere alle cose che vorremmo cambiare”.
[…]
Gli chiesi: “Se non hai pregato per la pioggia, allora cos’hai fatto?”.
“É semplice” mi rispose “ho iniziato a sentire dentro di me l’effetto che fa la pioggia.
L’ho sentita scorrere su di me, ho percepito cosa proverei camminando a piedi nudi nel fango in mezzo alla piazza del villaggio dopo una pioggia abbondante.
Ho sentito l’odore che la pioggia sprigiona, quando cade sui muri di terra del villaggio e ho avuto la sensazione di camminare attraverso i campi di mais dove le piante ti arrivano fino al petto, tanta è stata la pioggia”.La spiegazione di David coinvolgeva tutti i sensi – anche i poteri nascosti di pensieri, sensazioni ed emozioni – oltre all’odorato, alla vista, al gusto e al tatto che ci collegano al mondo. Nel fare ciò, egli aveva usato l’antico e potente linguaggio che è in grado di parlare alla Natura.
Ma fu la parte successiva della sua spiegazione, ad arrivare dritta alla mia mente scientifica e al mio cuore.
David mi spiegò che dopo le preghiere di pioggia, i sentimenti di ringraziamento e di gratitudine ricoprono lo stesso ruolo dell’ “amen” di matrice cristiana.
Tuttavia, anziché esprimere un ringraziamento per ciò che aveva creato, egli si era sentito grato per aver potuto partecipare in prima persona alla creazione:
Con l’atto del ringraziare, noi rendiamo onore a tutte le possibilità, pur portando nel mondo solo quelle che scegliamo”.Con le semplici parole di un’antica saggezza proveniente dal passato, David aveva condiviso con me una ricercata tecnologia, la conoscenza di una modalità perduta di preghiera.
Gregg Braden, progettista informatico aerospaziale, scienziato, ricercatore spirituale e autore di “La scienza perduta della preghiera”, nei suoi libri si avventura oltre i confini della scienza e della spiritualità.

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